SFOGLIANDOLE PARETIDI GILDO

1961-2002:i volti famosi in quarant’anni di attività del ristorante “Da Gildo”

I PERSONAGGI CHE HANNO MANGIATO DAL GILDO

Personaggi

della POLITICA
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Era già scritto da qualche parte che nella sua lunga attività di ristoratore Gildo avrebbe incrociato personaggi più o meno famosi.

Milano 1958. La traviata era stato l’ennesimo trionfo. Quella stagione alla Scala, l’aveva consacrata come migliore soprano del tempo. Un momento magico per Maria Callas. Le grandi feste nel suo appartamento erano un appuntamento al quale non mancavano i più bei nomi del mondo dello spettacolo e della cultura di quegli anni. Tutto doveva essere organizzato alla perfezione. La regina dell’opera, austera ma cordiale, si preoccupava personalmente dei   dettagli. Il servizio non doveva avere sbavature. Una grande responsabilità per  Giacomazzi ex terzino dell’Inter , all’epoca titolare del bar Napoleon di via Buonarroti.  Ma di quel giovanotto friulano di nome Ermenegildo, Giacomazzi si fidava ciecamente.

Ermenegildo Fanzago di Pravisdomini, arrivato a Milano da poco più di un anno, aveva già conquistato la sua piena fiducia. Aveva capacità organizzativa, fantasia nelle preparazioni e in sala ci sapeva fare come pochi. E dire che era passato poco tempo da quando Gildo aveva lasciato il suo triciclo di gelati ad Annone Veneto. Qui lavorava sotto Follador, una famiglia di gelatieri e pasticceri che aveva iniziato la propria attività San Vito al Tagliamento. É qui che Gildo muove i primi passi, nel 1948. Ha appena 14 anni. Poi uno dei fratelli Follador decide di aprire una gelateria-pasticceria ad Annone Veneto. Si porta dietro anche Gildo. Passa poco più di un anno e Follador gli affida in gestione il laboratorio. C’è molto da fare perché i conti tornino a fine giornata.

Quanti chilometri con quel triciclo che a pieno carico raggiungeva i due quintali. Spingere sui pedali per acquistare il ghiaccio. Poi il ritorno ad Annone nel laboratorio, facendo girare la manovella di una macchina che soltanto dopo circa 1.800 giri premiava la fatica. E di nuovo sul sellino per andare a venderlo. Era davvero dura trovare il fiato per suonare la trombetta, ma in qualche modo si doveva fare per richiamare l’attenzione della potenziale clientela che di lire in tasca ne aveva pochine.

E così da Annone a Pravisdomini facendo tappa a San Stino, Belfiore, Pramaggiore,

Cinto, Chions, Pravisdomini (Barca). Attorno, le macerie della guerra appena finita e tanta miseria. Molti, per tre palline di gelato, pagavano con un uovo. Bene lo stesso, perché con quelle uova  l’adolescente Gildo ci faceva le paste, che nel pomeriggio, sempre con il triciclo, andava a vendere nei locali vicino ad Annone, anche se gli affari migliori li faceva proprio ad Annone, fuori della sala da ballo “La Gardenia”.

Nel 1951, Gildo da solo non ce la fa più e assume un ragazzo. Prende di mira un locale vicino al cinema, ma non riesce a concludere. L’affitto è troppo alto. Decide allora di andare a migliorare la propria esperienza a Milano. É appunto il 1952. Lavora come barista al Trotto e Galoppo nei pressi di San Siro: l’orario di lavoro è massacrante dalle quattro del mattino alle otto di sera, senza soste, specialmente quando l’Inter o il Milan giocavano in casa. E tutto per mettere vicino, a fine mese, poco più di tredici mila lire.

É un brutto impatto con l’esterno, che non lo entusiasma affatto, anzi è lì lì per molllare tutto e tornare a casa.

“Vuoi tornare, perché a casa trovi da mangiare lo stesso”!, gli dice l’amico che lavorava con lui. Parole che lo colpiscono nell’orgoglio. Ma lui non era partito da Pravisdomini perché costretto dalle ristrettezze economiche. La sua famiglia stava bene

Voleva arrivare far carriera, mettersi un giorno in proprio. É una sferzata. Lascia il Trotto e Galoppo e comincia a lavorare al ristorante Ettorino in corso Vercelli. Poi va al Caffè commercio nella centralissima piazza Duomo. Ma ha ben chiaro il suo obbiettivo. Nel 1954 approda al grande Savini: un tempio della ristorazione italiana. Qui al momento di essere promosso per meriti acquisiti chef de rang dal direttore Ferviani, un nome che è entrato nella letteratura dell’ospitalità italiana, lascia la Lombardia e si sposta in Liguria, a San Remo, dove lavora nei locali del Casinò e poi all’ Hotel Principe. Nella riviera di Ponente vi rimane poco più di un anno, poi arriva alla Camilluccia di Roma e successivamente al Rosso e Nero di Napoli, al Caval’ di Brons di Torino, tutti ristoranti di livello, dove si divide fra sala e cucina. Fa esperienze anche sulla costa romagnola all’Esedra di Cattolica e all’ Embassy di Rimini.

Ma il cuore di Gildo in quegli anni era a Milano: ai tempi del Savini aveva conosciuto Anna Maria Sonato che dai Banchi della Rinascente faceva girare la testa a tanti giovanotti.  Si sposeranno nel luglio del 1962: Un incontro felice che si dimostrerà fondamentale anche nel futuro imprenditoriale di Gildo: Anna, originaria del Veronese, si dimostrerà perfetta organizzatrice, affabile con la clientela. Sarà una integrazione destinata al successo.

A Milano nel 1960 lavora in un locale in viale Giovanni da Cermenate, vicino a porta Ticinese. Da quando c’è lui dietro il banco gli incassi raddoppiano. Gildo chiede di poterlo prendere in gestione, ma il proprietario non accetta. E allora ringrazia e se ne va.  Passano pochi mesi. Siamo nell’estate del 1961. Gildo torna a casa. Alcuni giorni di riposo per andare a trovare i genitori, il fratello e gli amici. É in auto con un amico, quando, incidentalmente per andare a Pordenone, passa per Porcia, che, strano a adirsi, non aveva mai visto. É una calda giornata di luglio si ferma a bere nella fontana della piazza. Alzando gli occhi vede il castello. Assomiglia tanto a quello di Gradara in Romagna, trasformato in uno splendido ristorante. Quante volte Gildo lo aveva ammirato e aveva sognato ad occhi aperti di fare qualcosa di simile! Chiede all’amico chi fosse il proprietario: “Del conte di Porcia è la risposta. E l’amico aggiunge: guarda che ho sentito dire che forse lo vuole dare in affitto”.

Quella notte Gildo dorme poco. Il pensiero è lì a quel castello. E già viaggia con la fantasia. La mattina seguente, senza perdere tempo, verifica la notizia.  Sì, il conte affitta, ma non il castello ma dei locali vicino. In realtà si tratta di pochi metri quadrati e in pessime condizioni. Superata la cocente delusione, Gildo accettà. Rimette a posto e arreda alla meglio quelle due sale. É l’autunno del 1961 quando apre.

Comincia con pochi coperti, specialmente nel fine settimana. Da una piccola cucina nasce quella che diventerà una grande tradizione, facendo scuola nel mondo dei cappelli bianchi, e non soltanto della nostra regione. Tanti piccoli assaggi di primo e grigliate di secondo. “Grigliavo su due pietre, ricorda Gildo, e spesso con l’ombrello per ripararmi dalle gocce di condensa che il caminetto non riusciva ad evitare: Io in cucina su quella varietà di piatti, che uscivano in continuazione, e Anna in sala.

Con la bella stagione Gildo organizza anche delle feste all’aperto. Arriva gente da tutte le parti: Udine, Portogruaro, Treviso e anche da più lontano

sabato e la domenica si lavora senza sosta: La fama di Gildo oltrepassa ben presto i confini della regione. Lo incoronano re della griglia. E lui prende un’altra sala.  Tutti i personaggi dello spettacolo, dello sport e della politica che arrivano nel Pordenonese e non solo, fanno tappa da Gildo.  Decine e decine di foto raffiguranti volti più o meno noti appese sulle pareti del locale ne sono la testimonianza. Una caratteristica che i pordenonesi  ricordano molto bene.

A metà degli anni Settanta viene eletto presidente provinciale della categoria dei ristoratori, sarà poi presidente regionale degli esercenti del Friuli Venezia Giulia; vicepresidente dell’ Ascom provinciale;  farà parte del direttivo nazionale della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi). Entrerà nel direttivo dell’ ORPI, l’organizzazione internazionale che rappresenta i migliori ristoranti  sparsi in tutto il mondo.

Nel settembre del 1982 si trasferisce nelle splendide sale del palazzo seicentesco dei marchesi Gherardini, a pochi passi dal vecchio locale. Adesso il re della griglia ha davvero un vero castello, immerso in uno splendido parco.

Dentro il calore, la cordialità e la professionalità di sempre. Ormai Porcia è sinonimo di Gildo e viceversa: Porcia viene conosciuta da tanti grazie al suo ristorante: “Ah Porcia sò dov’è, dove c’è Gildo...” !!! Nella sua lunga attività riceve innumerevoli premi e riconoscimenti da enti pubblici e da associazioni di categoria e rappresenta la cucina regionale in diverse manifestazioni a livello nazionale ed internazionale.

“Anche se dice i riconoscimenti più belli sono quelli che vengono dalla gente”.

Al di là delle sue capacità professionali Gildo, con un intuito spiccatamente imprenditoriale, ha saputo promuovere come pochi la propria attività attraverso un’ intelligente politica di marketing. Lo ha fatto con naturalezza, in prima persona, senza l’aiuto di nessuno, ottenendo un riscontro che ha superato i confini della provincia e della regione, capendo che per raggiungere il successo non basta avere la bontà del prodotto ma il tutto deve essere accompagnato da un’azione puntuale di marketing.

La sua cucina poi, ammiccando alla fantasia, rimane ancorata alla tradizione friulana-veneta, non lasciandosi tentare dalle sirene della nouvelle cuisine. Nei nuovi locali tutto procede bene, fino ai primi mesi del 2002, quando la moglie Anna viene colpita da un male che purtroppo spesso non lascia scampo. Se ne andrà per sempre a maggio dello stesso anno,lasciando un vuoto incolmabile. Aveva appena 62 anni: Troppo presto.  Gildo non se la sente di continuare da solo: Il ristorante da Gildo chiude definitivamente,dopo oltre quaranta anni di attività. “In due dice Gildo eravamo una forza imprenditoriale, senza Anna questa forza non esisteva più”.

Oggi alcune di quelle foto che ricoprivano le pareti del locale, vengono riproposte in una mostra fotografica organizzata dall’amministrazione comunale. Certo un omaggio all’opera svolta da Gildo e sua moglie. L’iniziativa però che non è soltanto un piacevole  Amarcord, ma vuole porre in evidenza come una realtà della ristorazione è un elemento determinante nella composizione di una attenta politica turistica incentrata sulla conoscenza e sviluppo del territorio.

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Il mio successo lo devo solo ad una donna che ha permesso questo

... mia moglie Anna.

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